Pietre miliari

Facendo fotografie sulle Alpi si è molto cresciuto in me l’amore per le montagne. Tutti i giorni ho sott’occhio i vari aspetti della natura nelle alte regioni ed imparo ad apprezzare meglio le bellezze. I mutevoli effetti di luce, le nebbie, le ombre mi ricordano e mi fanno sentire l’armonia del cielo col paesaggio alpestre. Vedo fissata sulla carta la visione di un momento, riconosco le scene che sul vero non aveva potuto ammirare nei particolari. Ed è in questi che talvolta trovo gli elementi del bello. La fatica e gli accidenti delle ascensioni rendono talvolta cieco il nostro occhio alle bellezze delle regioni altissime: nella nostra mente non rimane un’esatta nozione delle vedute ammirate. Sentiamo di aver provato lassù forti emozioni; ma ricordiamo in modo confuso la fisionomia vera delle spettacolo che esercitò quel fascino sui nostri sensi. La fotografia aiuta a scegliere, precisare ed anche idealizzare gli elementi che possono comporre una bella scena alpina. Vittorio Sella

Il mio approccio alla fotografia si basa sulla mia fede nella forza e nel valore del mondo naturale, nei suoi elementi grandiosi o minimi. Credo nella gente, negli aspetti più semplici della vita umana, nel rapporto tra uomo e natura. Credo che l’uomo debba essere libero, nella mente e nella società, che debba costruire la propria forza affermando l’immensa bellezza del mondo e confidando nella capacità di vedere e di esprimere la propria visione. E credo nella fotografia come mezzo per esprimere tutto ciò e per raggiungere la felicità e la fede. Ansel Adams

C’è differenza tra paesaggio vissuto e paesaggio rappresentato. (...). Nel campo delle rappresentazioni iconografiche della montagna un ruolo importante hanno assunto il disegno e poi la fotografia, cioè i due modi che più agilmente consentono di andare in montagna e rappresentarla. Essi sono utilizzati dal visitatore estraneo, l’outsider, che si pone nei confronti della montagna come spettatore, cioè gratuitamente, inseguendo le più varie passioni di tipo borghese. Subito non si interessa ai montanari e al paesaggio che essi hanno costruito: guarda alla natura, alle diversità degli ambienti naturali. È botanico, naturalista, alpinista. Non studia gli uomini e il paesaggio. (...). Intendo il paesaggio come manifestazione organica di un sistema culturale, di un sapiente rapporto tra uomo e natura. Entrare nella testa e nel vissuto del montanaro è però difficile. Ed ecco che la fotografia ancora per tutto il primo Novecento è di tipo memoriale o romantica; non dà l’immagine vera del mondo del montanaro. Si cerca la bellezza più che la verità. Non si avverte mai la repulsività della montagna. Oggi poi c’è il condizionamento della visione turistica. La verità della montagna continua a essere lontana o falsamente rappresentata. Si cercano gli iconemi facili, le visioni scontate. Continuiamo a portarci dentro le immagini romantiche, pittoresche, o quelle eroiche dell’alpinista, il vissuto da fuori, e il paesaggio, straordinario documento di cultura, di memorie, non lo si guarda con l’occhio indagatore, curioso da cui derivare ricche indicazioni semiologiche. Eugenio Turri

Credo che le immagini di paesaggio possano presentarci tre verità: la verità geografica, quella autobiografica e quella metaforica. La geografia di per se stessa è a volte noiosa, l’autobiografia spesso banale, e la metafora può essere equivoca. Ma presi insieme, come nelle opere migliori di artisti quali Alfred Stieglitz e Edward Weston, questi tre tipi di informazione si rafforzano a vicenda e alimentano ciò che tutti cerchiamo di mantenere intatto: l’attaccamento alla vita. Robert Adams

...La fotografia è un’arte della riduzione: preferire il dettaglio alla totalità, la forma chiara e concisa alla confusione dell’insieme, il simbolo alla descrizione di una situazione o di un’azione. Il meno, è quasi sempre il più. Herbert List